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Francesca, Modou e il loro «Makamom»: Senegal, Friuli e Salento dentro un progetto

Li guardi insieme e non puoi non sorridere. Sono solari, sono creativi e tra le mani stringono la felicità di chi ha avuto la fortuna di incontrarsi e riconoscersi, scegliendo poi di scommettere sul proprio futuro insieme. Lei è Francesca Carbone, udinese con origini salentine, 31 anni, antropologa di formazione, è operatrice dell’associazione Get Up. Nel passato recente ha lavorato per Medici Senza Frontiere in mezzo ai braccianti sfruttati della Basilicata e pure con Terre des hommes a Lampedusa, tra i migranti. Lui, invece, è Modou Beye, ha 26 anni ed è senegalese, sarto, ha fatto il mediatore culturale accogliendo gli artisti europei in visita nel suo Paese. Insieme, qui a Udine, sono Makamom un brand di abbigliamento e di accessori artigianali, realizzati con due materiali tipici del Senegal e del Salento: il tessuto wax e il legno d’ulivo. Dalle mani di Modou prendono forma abiti bellissimi, pensati e disegnati insieme a Francesca, dalle linee morbide e moderne, con colori e fantasie vivacissimi che ti fanno pensare all’Africa appena posi lo sguardo su di loro.

L’incontro in Senegal

«Ci siamo conosciuti nel gennaio del 2018 a St. Louis, la città di Modou, a una festa dell’Institut français – racconta Francesca con un’allegria contagiosa –, io ero in Senegal con un’ong torinese per fare un anno di servizio civile. Da lì abbiamo cominciato a frequentarci, anche perché entrambi eravamo impegnati con le associazioni di quartiere che in città si occupavano dei ragazzi di strada». La loro storia corre veloce, a settembre, infatti si sposano. Di lì a poco, concluso il servizio civile di Francesca, rientrano in Italia. Vivono inizialmente in Basilicata dove lei lavora con Medici Senza Frontiere.

La nascita del progetto

PizzicaMa da dove nasce l’idea di dar vita a un progetto sartoriale? «In qualche modo già in Senegal – spiega Modou –, io ho sempre saputo cucire, nella nostra tradizione, infatti, è importante imparare un mestiere, quindi la mia famiglia mi aveva mandato a bottega, sin da piccolo, da un sarto, inoltre avevo avuto modo di mettere a frutto questa abilità con un’ong spagnola. E poi, quando ho conosciuto Francesca, ho iniziato a confezionare abiti per lei». In Basilicata però i lavori che Modou riesce a trovare sono sotto qualificati, è appena arrivato in Italia, e non è semplice farsi strada, soprattutto tra i pregiudizi. «Abbiamo deciso insieme – spiega Francesca – che così non poteva andare bene, non aveva senso svalutarsi e accettare passivamente l’approccio culturale secondo cui un cittadino africano va sfruttato, così abbiamo deciso di rientrare in Friuli e inventarci qualcosa, io avevo nel cuore la bellezza dei tessuti wax che colorano i mercati del Senegal, ma anche il desiderio di accostarvi le mie radici salentine. Il primo oggetto che abbiamo realizzato, un medaglione, teneva insieme il legno d’ulivo e il tessuto wax: da lì è venuto poi tutto il resto».

A Udine Modou frequenta un corso di sartoria all’Ires, vedono la luce i primi modelli che conquistano subito il pubblico, ai mercatini dell’artigianato il loro stand è sempre affollatissimo. Il pezzo forte è una gonellona ampia che va a ruba: «Makamom – spiega Francesca – in lingua wolof vuol dire “mi appartiene”, a noi due appartengono i colori dell’Africa, ma anche le reciproche tradizioni, la gonnellona, ad esempio, nasce così ampia perché richiama gli abiti usati dalle donne nella danza salentina della “pizzica”, oltre ai colori e alle forme, a chi sceglie di acquistare i nostri abiti piace molto pure questa idea sottesa al nostro progetto, quella appunto dell’incontro».

Ancor più colorati con Irene

E dall’incontro di Francesca e Modou non è nato solo Makamom, nove mesi fa, infatti, è arrivata anche la piccola Irene: «Da quando c’è lei siamo ancora più colorati, non solo bianco e nero, ma anche un bel color marroncino  – raccontano i due ridendo –, è stata per noi una ventata non solo di immensa gioia, ma anche di enorme creatività, gran parte dei nostri modelli sono stati pensati durante la gravidanza che è stato per noi un momento magico».

Sguardo lungo e sogni nel cassetto

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Intanto «Makamom» guarda lontano. «Il nostro sogno nel cassetto – spiegano i due –, è quello di poter aprire uno spazio sartoriale in Senegal dove altri giovani possano formarsi e crescere, da protagonisti, mettendosi in gioco, non facendo solo gli aiutanti come spesso accade. Desideriamo inoltre trasmettere strumenti nuovi, ad esempio nel campo della comunicazione, perché oltre ad imparare un mestiere, i ragazzi abbiano i mezzi per stare efficacemente sul mercato. Insomma ci piacerebbe dare il  nostro contributo per una vera e propria emancipazione economica e sociale». E già oggi una ricaduta positiva c’è, i tessuti di Makamom – rigorosamente originali – arrivano infatti direttamente da St Louis dove un amico di Modou, particolarmente capace nell’intuire i gusti degli europei, seleziona le stoffe che ogni tre mesi vengono inviate in Friuli, «per lui – osservano i due – la sicurezza di quell’ordine trimestrale è davvero importante».

Nel frattempo, con l’arrivo della primavera è sbocciata anche la nuova collezione di Makamom che si può ammirare a acquistare sulle pagine Facebook e Instagram del progetto.

(Pubblicato sull’edizione del 31 marzo 2021 del settimanale diocesano di Udine «La Vita Cattolica»).

    • Anna

      Grazie Umberto, prontissima a scriverne altre e aperta a suggerimenti!

    • Anna

      Grazie di cuore! I complimenti fanno doppiamente piacere se giungono da chi ci ha accompagnato per un tratto della nostra formazione!

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