Tuzla

L’11 luglio, diciannove anni fa

Chiacchieriamo davanti a un caffè. All’ordine del giorno la finale del Mondiale. Mi chiedono per chi farò il tifo, spiego che dopo l’eliminazione dell’Italia e della Bosnia non ho più seguito le partite. E che no, non mi sono fatta un’idea. «E perché tifavi Bosnia?» mi chiede questa ragazza che conosco oggi, davanti a questo caffè. «È una balcanofila» le spiegano. Aggiungo due battute, controvoglia. «L’altro giorno ho letto un articolo – dice lei -, certo che dopo 30 anni stanno ancora a rivangare la guerra». Sorrido. Ribollo. Ma sorvolo. Perfino sui trent’anni. Ironia della sorte, oggi è l’11 luglio.

Esattamente diciannove anni fa iniziava il massacro di Srebrenica. Si stima che in una manciata di giorni le forze militari serbo-bosniache guidate da Ratko Mladic abbiano ucciso 8.372 bosniaci musulmani, anche se le associazioni dei familiari parlano di 10 mila morti. I loro corpi sono stati puntualmente seppelliti in fosse comuni. Sul finire della guerra, per far sparire le prove di quell’orrore, quelle fosse sono state riaperte e quei corpi spostati in altre fosse comuni dette “secondarie” e “terziarie”, complicando ulteriormente le procedure di ritrovamento e identificazione. Di quelle 8.372 persone ne sono state identificate 6.066. 175 nel corso di quest’anno. I loro resti saranno seppelliti oggi nel memoriale di Potočari.

La svolta nel lavoro di identificazione è arrivata a partire dal 2001, con i test del Dna computerizzati. Gran parte di questa attività si svolge oggi nelle due strutture di Tuzla  della Commissione internazionale per le persone scomparse. Qui una quindicina di antropologi bosniaci e stranieri, insieme a diversi tecnici, lavorano sui resti dei corpi, prelevando Dna e confrontandolo con circa 90 mila campioni di parenti di persone scomparse. Ogni 11 del mese le donne di Srebrenica – madri, sorelle, mogli, figlie di quei morti – scendono in piazza a Tuzla per chiedere giustizia, dal momento che molti dei carnefici di quell’11 luglio sono a piede libero. Per farsi un’idea c’è questo documentario (lo potete guardare qui) girato nel 2005 da Andrea Rossini di Osservatorio Balcani che dovrebbe bastare a capire perché si sta «ancora a rivangare la guerra».

Vale infine la pena di ricordare che la zona di Srebrenica era sotto la tutela delle Nazioni Unite, presenti con tre compagnie olandesi di caschi blu. L’area era diventata protetta a partire dal 1993. L’attacco delle forze guidate da Mladic iniziò il 9 luglio e due giorni dopo le truppe serbo-bosniache entrarono in città. Dopo aver separato gli uomini adulti dalle donne, dai bambini e dagli anziani, iniziò il massacro (qui il video con Mladic che rassicura la gente). Le forze dell’Onu non intervennero per ragioni che non sono mai state chiarite fino in fondo. Secondo la versione ufficiale, i 600 caschi blu nella zona non erano preparati e armati a sufficienza per affrontare le forze serbo-bosniache.

In alto la foto delle donne di Srebrenica, durante la manifestazione dell’11 agosto 2012, scattata da The Advocacy project. Qui sotto invece la bellissima poesia di Abdulah Sidran.

Per qualche lettura consiglio I giorni della vergogna di Luca Leone, Cartoline dalla fossa di Emir Suljagić e Al di là del caos di  Elvira Mujčić.

 

Le lacrime delle madri di Srebrenica 

Sedicesimo anniversario della strage di Srebrenica

(di Abdulah Sidran traduzione di Nadira Šehović da ADV Edizioni, Lugano )

Sarebbe meglio non fosse 
piuttosto che sia
così
come oggi è
la nostra Srebrenica

Nulla di morto né di vivente
in lei
può più abitare

Sotto un cielo plumbeo
l’aria di piombo
mai nessuno
ha imparato
a mettersi nei polmoni

Da lei fugge tutto
ciò che ha gambe
con le quali possa
e sappia dove
fuggire

Da lei fugge tutto
anche ciò che da nessuna parte
se non sotto la terra nera
può fuggire

Gli ortodossi fuggono
i nuovi come i vecchi
i musulmani fuggono
i vecchi come i nuovi

E chi in qualche modo
è rimasto vivo
andato via e poi tornato
neppure un inverno con l’estate
ha messo insieme
né un autunno
con la primavera
ma ha cercato
quanto prima
di andarsene da Srebrenica

E quei cattolici
nostri vicini

e per loro Srebrenica
per centinaia d’anni
è stata l’amata
e bellissima
sede principe
della loro buona
e nobile comunità

se ne sono andati da tempo

Come se
nella loro saggezza avessero
saputo che sarebbe arrivato un tempo
in cui non ci sarebbe più stata
la buona Srebrenica

Ci dicono
da dieci anni ce lo dicono
che in Bosnia
la guerra è finita

A noi spiegano
e inviano istruzioni scritte
che nel nostro Paese
Bosnia Erzegovina
la guerra è finita
e che nessuno
deve più
guardare al passato

Credono forse
davvero
che siamo vivi
noi che stiamo qui
e da questo luogo
parliamo così
come se davvero fossimo vivi.

Davvero pensano che si chiami salute
davvero pensano che si chiami ragione
ciò che in noi è rimasto
della salute e della ragione di un tempo?

Non vedono, non sentono forse
non sanno forse che noi,
quelli rimasti, siamo più morti di tutti
i nostri morti, e che qui oggi, con la loro voce,
la voce dei nostri morti, dalle loro gole,
gridiamo e con il loro grido – noi parliamo?

Non ci permettete di
guardare al passato!
E noi non lo guardiamo, ma è lui a guardarci!

Voi dite:
guardate al futuro!

Ma noi, nessun
futuro in nessun luogo
riusciamo a vedere
né vediamo che lui
con un sol occhio
guardi noi
e neppure che ci veda
e che di noi si preoccupi

Noi abbiamo un presente
che con occhio umano
non si può guardare

Noi la stessa
aria di piombo
nella nostra Srebrenica
che non c’è più
respiriamo con quelli
i cui occhi
le cui mani
le cui anime
del nostro sangue grondano

E solo loro
possono rallegrarsi
del vostro comandamento
di non guardare al passato

Ma noi cos’altro oltre a lui abbiamo
che cos’altro
se non il passato
abbiamo da guardare?

Davvero potete
dire a una madre
di non guardare il figlio?

Davvero a una sorella potete
impartire l’ordine
di non guardare il fratello?

Prendeteci gli occhi
ma più non insegnateci, non inviateci più
tali consigli, istruzioni e ordini!

Forse davvero, come voi dite,
la guerra è finita! Ma per noi, nella nostra Srebrenica,
la guerra è finita appena un poco, e noi stessi, di giorno,
ci inganniamo che è così, che è finita davvero!

Ma, d’estate e d’inverno – e così da diciassette anni! – i giorni sono troppo brevi, e lunghe, troppo lunghe le notti.

Al primo annuncio del crepuscolo, noi i nostri portoni
col ferro rinserriamo, che non venga e non entri
colui che allora venne ed entrò, e tutto ciò che di nostro
amato e caro era – separò dalla vita!

Proprio lui, oggi, veglia sulla Pace a Srebrenica!

Come può dormire una madre di Srebrenica?

Appena chiude gli occhi, ecco la guerra alla porta, ecco
quel secondo in cui vide, sotto il coltello cetnico, separarsi
dal corpo la testa di suo figlio! Solo qualche volta, fra mille
Jasin   mormorati nell’insonnia, ne ha pietà il Buon Dio!
E quando il sonno sugli occhi le posa, lei, in sogno, continua
a riunire la testa al corpo del Figlio insepolto!

Come possiamo vivere nel presente?
Come possiamo non guardare al passato?

C’è una sorella nostra, non è con noi, eppur è viva!
In una tomba ha trasformato una casa, qui a Sarajevo,
finestre non apre, non osa guardare fuori, e ancor meno
uscire in strada! Quattro figli ha perso! Se per strada un
ragazzo o una ragazza incontrasse, e le apparisse
somigliante a uno dei suoi figli – il cuore le scoppierebbe, in
quattrocento pezzi!

È questa la Pace?

È così che finisce la Guerra?

Quando tacciono
le armi di ferro
e fino al cielo grida
il cuore materno?

Quando il criminale
cambia la camicia
e con la nuova addosso
sotto le nostre case
e le nostre finestre
nella nostra Srebrenica
veglia sulla nostra pace?

Per voi il vostro è trascorso
ma per noi
il nostro passato
non è per nulla passato!

Né passerà
né può passare
fintanto che il cielo plumbeo
la nostra Srebrenica
di argento ricopre.

Fintanto che sotto il suo
cielo di piombo
l’aria plumbea
e plumbee
d’aria boccate
respiriamo e inghiottiamo
con quelli che hanno sì
cambiato la camicia
ma che il cuore sotto la camicia
e nel cuore l’odio
non hanno cambiato
né pensano di cambiare

Per voi il vostro è trascorso
ma per noi
il nostro passato non è passato!

Non fateci ritornare
non fateci ritornare
in questa fatta
di piombo
Srebrenica

Piuttosto
per un istante almeno
guardate dov’è che
nelle vostre anime
nei libri
si è perso un granello
di Verità e Giustizia

Se nel vostro cuore
un solo granello
di Giustizia e Verità
trovate

Del bene e d’argento
l’argentea e buona
Srebrenica
la bella -
a Srebrenica restituite!

Un briciolo di Giustizia
e un granello di Verità
trovate!

Srebrenica -
a Srebrenica restituite!

E noi
con l’aiuto di Dio
chi viva chi morta
subito ci ritorneremo

Possano
con l’aiuto di Dio
riunirsi e placarsi
tutte
di tutti i tempi
le anime di Srebrenica

e così le nostre anime
afflitte e morte

con le anime vive
di tutti i nostri morti.

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