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«Raccontare, documentare, informare»: i doveri semplici che ci ricorda Lirio Abbate

«Raccontare, documentare, informare, istruire, fare cultura. Sono le uniche armi che conosco contro la mafia». È la strada che chi è in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata non si stanca di indicarci: unica soluzione, accanto al lavoro dei magistrati e forze dell’ordine, per scardinare un sistema che, in primo luogo, si sostanzia in una mentalità capace di radicarsi ed incancrenire i territori. Anche il nostro. E lo ha ripetuto oggi a Udine – a Libri insieme, intervistato da Domenico Pecile -, anche Lirio Abbate, il cronista de l’Espresso che con la sua inchiesta «I quattro re di Roma» ha portato a galla il sistema di «mafia capitale».

«Dimenticate Gomorra» ha detto, perché la mafia ha cambiato pelle, fiorisce nell’indifferenza, vuole la pace sociale, non il sangue. Un esempio? «”Cosa nostra” in Sicilia c’è, ed è viva e vegeta -  ha proseguito il giornalista – ma dal 1° gennaio 2014 fino ad oggi a Palermo ci sono stati solo due omicidi di mafia. È evidente che non vogliono sparare, smuovere le acque, perché senza sangue si fanno più affari». E ormai lo sappiamo: la tranquillità del nostro Friuli, terra di confine, a quattro passi dei Balcani, fa gola (tanta) alla criminalità organizzata le cui infiltrazioni qui da noi sono ormai una certezza.

E poi il viaggio in «mafia capitale», in cui «di fronte agli affari, il “rosso” e il “nero” della politica non guardano agli ideali». In un sistema di appalti senza gara, per affidamento diretto, perché c’è sempre «un’emergenza». E l’emergenza a deciderla non sono i politici, ma gli impiegati. Non a caso gli uomini di Carminati a Roma controllano le segreterie, sono negli uffici tecnici. Va bene. Ma un Sindaco, un assessore come fa a non sapere, a non vedere? I soldi. Ancora, come sempre: «Andavano a colpo sicuro, sentono che sei uno che si fa piegare».

Di questo sa anche scherzare Abbate che, con intelligenza, strappa al pubblico più di qualche risata, anche se  parecchio amara. Ammiro quest’uomo che ha semplicemente fatto il suo mestiere (il più bello del mondo), investigando e raccontando. Ma lo ha fatto in un paese in cui il risultato è diventare eroi civili, dover girare con la scorta, e – spesso – rimanere soli con le proprie battaglie. Il pensiero corre a Nicola Gratteri, la stessa semplicità, quella delle persone veramente grandi. Mi avvicino. D’istinto vorrei abbracciarlo, ma mi limito a farmi autografare il libro e lo ringrazio per il suo lavoro. Guardo la sala, prima era semivuota, ora si è riempita: arriva Daria Bignardi. Senza polemica, ma non è così che dovrebbe andare.

lirio abbate domenico pecile

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