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In carcere a Udine con mons. Lamba: «Siete persone, ben più degli errori fatti»

«Una cosa sono gli errori, i reati che avete commesso. Tutt’altra cosa siete voi: voi siete persone. Si tratta di due cose ben distinte, diverse. I reati non sono tutta la vostra persona, voi siete anche molto altro». È mercoledì 8 maggio e nella cappella della casa circondariale di via Spalato a Udine, mons. Riccardo Lamba, nuovo arcivescovo di Udine, inizia così un dialogo intenso con una trentina di detenuti che – informati del suo arrivo – hanno chiesto e ottenuto di poterlo incontrare. Già, perché mons. Lamba ha desiderato che fosse il carcere uno dei luoghi da cui iniziare il suo cammino in Friuli. Ad accompagnarlo il cappellano, padre Lorenzo Durandetto, insieme al cappellano del carcere di Tolmezzo, padre Claudio Santangelo. «Sono contento di essere qui – spiega il presule –. Sapete, la mia prima volta dentro un carcere è recente, risale all’estate scorsa quando ho visitato Rebibbia, a Roma, e per sei domeniche di fila vi ho celebrato la messa. È stato un momento forte, coinvolgente, per questo ho chiesto che uno dei primi incontri qui a Udine fosse con le persone che vivono l’esperienza della detenzione». E mons. Lamba non li chiama mai né detenuti, né ristretti, ma – appunto – «persone che vivono l’esperienza della detenzione», illuminando, attraverso le parole, la loro umanità. Un invito a vivere «questo tempo come un tempo di riflessione, un’occasione per uscirne migliori», perché – spiega – «la vita è fatta così, niente deve essere scartato, tutto quello che ci è successo può e deve essere messo a frutto». «Lo sforzo più grande – aggiunge – è provare a essere quotidianamente una comunità di persone, perché ogni giorno insieme a voi c’è anche il personale, gli educatori e gli agenti».

«Qui è come vivere sulla luna»

v_spalato_3Il primo a rompere il ghiaccio e a prendere la parola è Ciro. «Sapere che siamo stati tra i suoi primi pensieri è per noi un conforto, ci rasserena – racconta con emozione –. Sa, quando ero fuori se la chiesa era a destra io andavo a sinistra, ma qui grazie pure al lavoro di padre Lorenzo vivo anche la dimensione di fede. È un po’ come diceva prima lei, per quanto dolorosa dobbiamo cercare di tirare fuori il meglio da questa esperienza: bisogna partire da qui dentro per costruire il nostro futuro là fuori. Non è facile perché a essere rinchiusi qui sembra di stare sulla luna, ma vedere che ci sono persone che entrano qui per noi, come i volontari di Caritas e Icaro ci dà molta speranza». In via Spalato infatti l’associazione Icaro è una realtà importantissima, come la Caritas che ha voluto garantire la presenza di un Centro di ascolto gestito da operatori e volontari formati ad hoc.

È poi la volta di Stefano, il suo volto – quando nel presentarlo padre Lorenzo rivela che si sta per sposare – si illumina in un sorriso. Anche lui ringrazia il vescovo, ma anche il cappellano, «è importante – spiega – poter parlare con lui, confrontarci, spesso anche sfogarci». Oltre alle ore di catechismo, le confessioni e la Santa Messa, la presenza di padre Lorenzo è infatti significativa in via Spalato, il cappellano è un punto di riferimento.

«Tutti noi qui abbiamo il magone dentro – gli fa eco un altro detenuto –, siamo tagliati fuori da tutto e una visita a settimana o dieci minuti di telefonata non bastano a tenere in vita i rapporti, le relazioni. Tra noi si cerca di andare d’accordo anche se non sempre è facile, perché alcune giornate sono più complicate di altre. Qualcuno poi è più turbolento perché magari in passato ha abusato di sostanze stupefacenti». La salute mentale resta infatti uno dei nodi più critici quando si parla di carcere. Secondo i dati recentemente forniti dall’ex Garante delle persone private della libertà, Franco Corleone, di persone tossicodipendenti in via Spalato ce ne sarebbero quarantotto. Nove i soggetti psichiatrici. Persone dunque che avrebbero la necessità di un accompagnamento mirato e personalizzato. Fortunatamente il Dipartimento di Salute mentale si è impegnato a dotare il carcere di via Spalato di uno psicologo a tempo pieno. Saranno inoltre raddoppiati, passando da due a quattro, i posti nella Rems di Udine, a Sant’Osvaldo, la Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (struttura ideata per superare gli ospedali giudiziari), i lavori dovrebbero partire a luglio. L’obiettivo dunque è quello di evitare che l’unico strumento per contenere il disagio mentale sia l’uso del tutto improprio dell’isolamento disciplinare.

La complessità del mondo

E in via Spalato – a volerla guardare e vedere – è riflessa la complessità del tempo presente, con i suoi drammi e le sue tante crisi. A farsi avanti è infatti un ragazzo ucraino, Yevhen: «A causa della guerra – racconta – ho perso metà della mia famiglia, vengo infatti dalla zona del Paese occupata dai russi, in questa cappella prego per chi è ancora vivo». C’è poi un ragazzo che viene da Cuba, chiede al Vescovo di dedicare una preghiera per sua nonna: «È il pilastro della mia vita – spiega –, mi ripete in continuazione di prendere in mano la Bibbia e di aver fede, è dovuta rientrare a Cuba dove la situazione è però disastrosa, ci sono molte proteste e una grande crisi». C’è anche chi viene dall’Africa e racconta quasi sussurrando la sua solitudine.

«Questo luogo rieduca?»

v_spalato_2Poi, dal fondo della sala, un ragazzo fa una domanda: «Crede che questo luogo rieduchi le persone, come vorrebbe la Costituzione?». Mons. Lamba non si tira indietro: «Mi rendo conto delle condizioni difficili in cui vivete – spiega –, ma anche il personale è in difficoltà, sotto organico. La cosa più importante è che la dignità di tutti e di ognuno sia garantita, questa è una richiesta fondamentale, non dovete aver paura di parlare. Ma serve anche un po’ di pazienza da parte vostra e la consapevolezza che tutti dobbiamo educarci a vicenda, crescere e migliorarci insieme». Un altro detenuto si fa avanti: «Sono entrato in carcere che mio figlio aveva un anno e mezzo, ora ne ha tre, mi sono perso le sue prime parole. Certo, ho sbagliato, ma adesso mi mancano sette mesi appena e mi è stata negata la possibilità di finire di scontare la pena fuori da qui». «Bisognerebbe pensare a strutture di housing sociale per chi all’esterno non ha una casa, un posto dove andare» aggiunge un altro ragazzo che avrà vent’anni appena. Un altro ancora solleva la questione dell’anagrafe all’interno del carcere di cui si attende l’avvio ormai da troppo tempo. Tutte questioni su cui – anche con il recente digiuno a staffetta, conclusosi il 25 aprile – una parte della società civile tiene i riflettori accesi da tempo.

Interviene così la direttrice della casa circondariale di via Spalato, Tiziana Paolini, calmando un po’ gli animi, ribadendo gli sforzi di tutto il personale ed evidenziando che proprio dal giorno dopo sarà attiva la nuova sezione semiliberi che alleggerirà le presenze di una dozzina di persone (vale la pena ricordare che il carcere di Udine è tra i più sovraffollati d’Italia, con oltre 150 detenuti a fronte di una capienza di 86 posti, ndr). Attivazione che per la verità sarebbe dovuta avvenire a gennaio, contestualmente all’inaugurazione, ma ritardata da lungaggini relative al collaudo. Tra le buone notizie anche l’arrivo di una nuova educatrice. Procedono inoltre spediti i lavori di riqualificazione. Presente all’incontro – oltre ad alcuni agenti e ad altro personale del carcere – anche il nuovo garante, l’avvocato Andrea Sandra, che, oltre a presentarsi, ha garantito il massimo impegno rispetto alle questioni aperte, a partire dall’anagrafe.

«Ci vediamo presto»

«Ci vedremo presto – ha concluso mons. Lamba dopo aver impartito la benedizione –, verrò di nuovo a trovarvi, ma spero che presto possiate anche voi essere liberi di venire a trovare me».

Nella giornata di giovedì 9 maggio, l’Arcivescovo ha anche visitato il carcere di Tolmezzo.

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Articolo pubblicato sull’edizione del 15 maggio 2024 del settimanale diocesano di Udine.

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