proteggo-la-protesta-ravenna

Puniti dissenso e marginalità: i nodi del Decreto Sicurezza

Non ci gira troppo attorno l’avvocato Raffaele Conte. Quando gli chiediamo del Decreto Legge Sicurezza, il presidente della Camera Penale di Udine va, infatti, dritto dritto al cuore della questione e spiega: «È un prodotto securitario che soddisfa il marketing delle emozioni».

Forma pericolosamente irrituale

Ma andiamo con ordine. Entrato in vigore sabato 12 aprile, il decreto legge ha sollevato pesantissime critiche anche per l’irritualità del percorso scelto dal Governo Meloni. Il testo del decreto, infatti, riprende gran parte di un altro provvedimento che lo stesso Governo aveva già approvato a fine 2023: in quel caso però si trattava di un disegno di legge, e in quanto tale era stato trasmesso al Parlamento perché lo discutesse, senza scadenze e con ampie possibilità di modifica. Di fronte però alle numerose contestazioni, alle spaccature dentro la stessa maggioranza e allo stallo dell’iter, il Governo ha scelto la decretazione d’urgenza: di fatto ha sottratto il provvedimento al Parlamento e lo ha riscritto, con alcune leggere modifiche. Ora, il provvedimento tornerà di nuovo alle Camere, ma dovrà essere approvato entro sessanta giorni per la conversione in legge. E senza che i parlamentari possano cambiarlo se non per aspetti molto marginali.

Ambiti d’intervento diversissimi

A destare fortissime perplessità sono poi i contenuti. «Siamo di fronte – osserva l’avvocato Conte – a un provvedimento che, in 39 articoli, tocca ben 20 ambiti diversi: si va dal contrasto al terrorismo alle truffe agli anziani, dalla normativa antimafia alle manifestazioni. Si tengono insomma insieme questioni diversissime. Su alcune disposizioni si può anche convenire, ma non può sfuggire che, ancora una volta, da una parte vengono introdotte nuove fattispecie di reato, dall’altra si inaspriscono le pene. Non è un caso che, da quando si è insediato il Governo Meloni, il numero delle persone detenute in Italia sia passato da circa 55mila a 62mila. Ma soprattutto, a mio modo di vedere, è davvero preoccupante il fatto che le condotte oggetto di criminalizzazione appaiono, nella quasi totalità dei casi, espressive di marginalità sociale o di forme di dissenso».

Punire la marginalità

Tra le misure più contestate c’è l’introduzione della non obbligatorietà del rinvio della pena per donne incinte o che hanno figli con meno di un anno. Il decreto-legge prevede tuttavia che la detenzione debba avvenire obbligatoriamente negli Icam, gli Istituti a custodia attenuata per madri, cioè in quei particolari tipi di carcere pensati per attenuare l’esperienza della reclusione di bambini e bambine. «È chiaro che in questo caso – sottolinea Conte – si vuole colpire le donne di etnia Rom». Evidente dunque un intento discriminatorio. «In tema di marginalità – osserva ancora Conte – si è intervenuti anche in tema di occupazione abusiva di immobili, sull’onda di casi eclatanti, ma isolati. È difficile comprendere il perché di norme ad hoc, dal momento che una normativa c’è già. Anche in questo caso si vuole dare risposta all’emotività dell’elettorato anziché rimuovere le cause di un disagio sociale».

Proteste in carcere

E c’è poi la grande questione delle proteste in carcere, un luogo che – com’è ormai ben noto – soffre di affollamento cronico e condizioni di vita al limite della tollerabilità. In questo contesto è stato quindi introdotto il nuovo reato di rivolta in carcere, modificando il codice penale con l’aggiunta di un nuovo specifico articolo, il 415-bis. Con «rivolta» il decreto-legge si riferisce a quelli che definisce «atti di violenza o minaccia o di resistenza» agli ordini compiuti da tre o più persone riunite con questo intento. Il decreto-legge prevede che queste persone siano punite con la detenzione da uno a cinque anni, con pene più lunghe se la rivolta provoca lesioni personali, o morte, al personale penitenziario. «Si può arrivare fino ai vent’anni – commenta Conte – indipendentemente dal fatto che si siano cagionati direttamente danni o lesioni, basta aver preso parte alle proteste. Anche in questo caso il problema sociale si risolve sul piano penale, il carcere si conferma come vera e propria “discarica sociale”. Le stesse norme si applicano anche ai Cpr, dove, se possibile, le condizioni sono ancora più disumane». Un punto molto contestato del decreto-legge riguarda il fatto che questo reato si riferisce anche a «condotte di resistenza passiva», che a seguito di obiezioni del presidente della Repubblica il Governo ha definito in maniera più precisa (ma comunque ampiamente interpretabile) come atti che impediscono il compimento di azioni finalizzate alla gestione dell’ordine e della sicurezza all’interno delle carceri.

Contro il dissenso

E in tema di manifestazioni? «Ci sono inasprimenti fortissimi – osserva il Presidente della Camera Penale di Udine – e sono costruiti in maniera mirata, puntano agli ecoattivisti, a chi manifesta contro le grandi opere. Più in generale vogliono agire da deterrente, vogliono dissuadere dal partecipare a manifestazioni facendo leva sul fatto che sia più conveniente restare a casa per non correre rischi nel caso ci possa essere qualche isolata “testa calda”». Nel dettaglio il decreto legge inasprisce le pene per chi deturpi o imbratti beni mobili o immobili utilizzati da istituzioni pubbliche: si rischia il carcere da sei mesi a un anno e mezzo e la multa da mille a 3mila euro, con aumenti di pena in caso di recidiva. È poi prevista un’aggravante per quelli che vengono definiti «atti violenti» compiuti con l’obiettivo di impedire la realizzazione di un’infrastruttura, se questa è destinata «all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici»: è la parte del decreto che chi lo contesta definisce la “norma anti-No TAV”.
Non basta, chi attua un blocco stradale, cioè impedisce la libera circolazione su strada, ad esempio col proprio corpo, se prima rischiava una multa che andava da mille a 4mila euro, ora incorre nella reclusione fino a un mese.
E dunque, se un domani, in questo contesto si volesse manifestare, ad esempio contro la realizzazione di grandi opere sul Tagliamento? «Temo che protestare potrebbe diventare difficile» risponde Conte.

Norme a tutela degli agenti

Il decreto legge introduce poi nuove tutele legali per i membri di forze di polizia, vigili del fuoco, forze armate indagati o imputati per fatti connessi alle attività di servizio: è previsto che lo Stato potrà corrispondere fino a 10mila euro per le spese legali in ogni fase del procedimento penale in corso.
C’è poi un articolo che specifica che le forze di polizia possono scegliere – non sono obbligate come richiesto da tempo da varie organizzazioni che si occupano di diritti – di indossare bodycam sulle divise. Cioè i dispositivi di videosorveglianza che servono a registrare l’operato degli agenti quando sono in servizio.

Avvocati in sciopero

Intanto, in dissenso con la normativa introdotta, la giunta dell’Unione delle camere penali italiane ha deliberato «l’astensione dalle udienze e da tutte le attività giudiziarie per i giorni 5, 6 e 7 maggio».
Anna Piuzzi

Articolo pubblicato sull’edizione del 30 aprile 2025 del settimanale diocesano di Udine (qui la pagina in pdf).

Foto tratta da amnesty.it

Leave A Comment?


+ sette = 13