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Quattro donne e uno scatto ad Aleppo vincono il premio Lucchetta

Quattro donne. Sarà partigianeria femminista (pazienza), ma i nomi che in questo 2014 vincono il Premio giornalistico Lucchetta mi fanno iniziare bene la giornata. Venti anni fa Marco Lucchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo morivano a Mostar colpiti da una granata mentre stavano realizzando un servizio per il Tg1. A Mogadiscio, nemmeno due mesi più tardi, venivano uccisi anche Miran Hrovatin e Ilaria Alpi. Dal 2004 il premio li ricorda mettendo in risalto «un certo di tipo di giornalismo» e la capacità di testimoniare e raccontare le violenze e le sopraffazioni sui bambini.

Il premio, sezione tv, è per Flavia Paone, inviata del Tg3, che ha ricostruito la vicenda dei Rom di Giugliano, in provincia di Napoli, e dell’allestimento – autorizzato dal Comune – di un campo in una discarica altamente tossica. A Lucia Capuzzi va, invece, il riconoscimento nella sezione quotidiani e periodici, per aver raccontato ai lettori di Avvenire il paradosso della povertà in Bolivia, dove i bimbi rivendicano di poter lavorare pur di sostenere le loro famiglie. È poi di Lucia Goracci il miglior reportage di approfondimento che ha testimoniato su Rai3-Doc3 la battaglia delle bambine pachistane per rivendicare il loro diritto all’istruzione. Harriet Sherwood, per The Guardian Weekly Magazine, ha invece realizzato il miglior articolo su un quotidiano europeo, raccontando, dalla Striscia di Gaza, i 47 anni di occupazione israeliana attraverso gli occhi di quattro bambini, analizzando l’impatto delle politiche israeliane sui giovani.

Infine, meritatissimo, il premio a Niclas Hammarstroem per «Aleppo» la miglior fotografia pubblicata per il quotidiano svedese Aftonbladet che – come un pugno nello stomaco – ci ricorda che in Siria c’è la guerra, che si continua a morire e a fuggire. Lo scatto ritrae tre bambini che fanno lezione all’aperto perché di scuole non ce ne sono più.

Di seguito l’articolo pubblicato oggi sul Messaggero Veneto.

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