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«Non chiediamo un futuro facile, ma che sia possibile sì»

Distanza. Disaffezione. Disinteresse. Sono parecchie – ma tutte declinazione di uno stesso sentimento – le etichette usate in questo tempo di frenesia elettorale per descrivere il rapporto tra i giovani e la politica. Ma noi quel rapporto avevamo voglia che ci venisse raccontato, spiegato da chi domenica 4 marzo si troverà per la prima volta tra le mani una scheda elettorale. E non solo a parole, ma anche attraverso sguardi e gesti. Così abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi di sedersi attorno a un tavolo e di aiutarci a guardare la politica con i loro occhi, a decifrare una distanza, a leggere la speranza che ancora c’è.

giovanni_conoscentiGiovanni Conoscenti (nella foto qui a fianco) è – si fa per dire – il più vecchio degli interpellati. Classe 1996, è studente di Ingegneria Meccanica all’Università di Udine e rappresentante degli studenti. «In realtà – precisa con il suo sorriso timido e lo sguardo vivace – ho già votato una volta: alle elezioni europee». Chiediamo a lui, come agli altri, se le statistiche che parlano di un crescente astensionismo tra i giovani rispecchiano la realtà. «I dati non mi stupiscono, e non mi stupisce che i giovani non si sentano rappresentati dai partiti e dalla classe politica in generale. Credo però che la voglia di saperne di più ci sia, personalmente ho sempre cercato di suscitare nei miei amici il desiderio di interessarsi, sono dell’idea che poi si scopre che la partecipazione è qualcosa di bello e a cui tutti siamo chiamati». E una volta suscitato il desiderio, i risultati arrivano? « In università, non lo nego, ho fatto difficoltà, ma è anche vero che sono nate belle esperienze. Ad esempio la lista di cui faccio parte (alle elezioni dei rappresentati degli studenti, ndr), a Udine non era presente, ma grazie alla collaborazione di un gruppo di amici siamo riusciti a portarla nella nostra università. Ci siamo messi a lavorare coinvolgendo altri studenti, di Ingegneria e di Facoltà diverse. Questo, nel nostro piccolo, è occuparsi di politica. Quando però si sposta il discorso ad un livello superiore, alla politica regionale e nazionale, la questione è più complicata, ma comunque ne parliamo perché la paura per il futuro c’è e desideriamo capire che cosa può riservarci. Non solo, le nostre discussioni riguardano i temi caldi su cui ci confrontiamo animatamente, ad esempio, sulla questione dell’immigrazione».

beatrice_boccaliA fargli eco è Beatrice Boccali (nella foto qui a fianco), classe 1999 di Magnano in Riviera, studentessa del Liceo artistico Sello e rappresentante di «Our Voice», movimento culturale che si occupa di legalità. Per lei sarà la prima volta dentro la cabina elettorale, «sono emozionatissima» ci confida e prosegue: «Ho notato che i miei coetanei un generale interesse verso la politica ce l’hanno e vorrebbero votare al meglio, fare la loro parte. Purtroppo però, allo stesso tempo, non sono preparati. Da soli è difficile orientarsi, l’informazione disponibile è tanta, ma non sempre affidabile. In famiglia e in ambito scolastico se ne parla poco, quindi i ragazzi arrivano al voto spaesati: vogliono dire la loro, dare il proprio contributo, ma non hanno tutti gli strumenti». Come fare allora? «Bisogna riuscire a farsi strada in maniera sensata fra gli articoli di attualità e l’Istituzione scolastica dovrebbe fornire almeno delle basi, ad esempio di diritto, nella mia scuola è una materia che non si studia, ma qualche accenno sarebbe fondamentale per essere cittadini consapevoli».

marta_iacuzziDella stessa idea Marta Iacuzzi (nella foto qui a fianco), di Torreano di Cividale, studentessa del Liceo Paolo Diacono, anche lei neo-diciottenne: «Siamo poco informati, a scuola non si fa Educazione civica, e invece servirebbe. Il rischio è quello di farsi condizionare dalla massa, o magari di seguire chi alza di più la voce. Io andrò a votare, ma scegliere è complicato: da una parte ci sono i partiti più storici che promettono da sempre e mantengono poco, dall’altra quelli nuovi, ma saranno capaci? Credo che quello che ci vorrebbe davvero è un ricambio generazionale. Certo, l’esperienza è indispensabile, ma, accanto a questa, ci vogliono anche idee e energie nuove. Tra compagni di classe, anche se non con tutti, ci confrontiamo su politica ed elezioni, ma ripeto come si fa a scegliere tra tutti quei partiti?».

david_galimiA confermare questa difficoltà è David Galimi (nella foto qui a fianco), udinese classe 2000, studente del Liceo Scientifico Marinelli: «Confesso che il 4 marzo mi troverei in difficoltà nello scegliere chi votare, eppure mi informo e mi interesso moltissimo di politica. Al momento però il mio pensiero non è rappresentato da alcun partito, è un “assemblaggio” di quel che prendo da una parte e dall’altra, il buono delle diverse proposte». David non voterà per il rinnovo di Camera e Senato, compirà infatti i fatidici 18 solo ad aprile: «Chi come me – spiega – ha un certo impegno civile, vuole sentirsi parte, votando, di un progetto di futuro per la propria nazione. Da diversi anni mi informo, cerco di capire quello che accade attorno a me, mi dispiace veramente non poter votare, è una sfortuna pazzesca. Comunque convengo anche io che la disinformazione tra i giovani è tanta, invece bisogna sempre approfondire, andare tra le righe di quello che ascoltiamo alla televisione. È faticoso, ma necessario». «Quando un giovane accende la tv – prosegue – le possibilità sono due: o non capisce nulla, e continua a restare disinformato (pensa che molti miei coetanei non sanno nemmeno chi è Gentiloni); oppure rileva una grandissima ipocrisia, i ragazzi della mia età non sono più bambini e riescono dunque riconoscerla, ed è questa che li allontana. Bisogna stare attenti e non farsi ingannare dalla retorica, continuiamo a sentire che la politica agisce per il bene di tutti, sono belle parole, noi ragazzi però abbiamo bisogni di fatti».

Ma che cosa allora i giovani si aspettano dalla politica con una campagna elettorale che parla pochissimo di loro? «Nemmeno io so bene cosa voglio dalla politica – racconta Giovanni –. Nel mio piccolo, come rappresentante del corso o del dipartimento, è più facile perché è la mia realtà: vedi dov’è il bisogno e agisci di conseguenza. A un livello più alto, la questione è più complicata, penso ad esempio al tema dell’immigrazione dove non c’è una risposta obiettiva che può mostrare a entrambe le parti del dibattito una strada percorribile. Quanto a politica economica, noi giovani non chiediamo un futuro facile, una strada spianata, ma che qualcuno ci insegni a lavorare e ci faccia da maestro per il nostro futuro, questo sì. Sono stato fortunato, lavoro dalle superiori mentre studio, è difficile entrare nel mondo del lavoro, ma non è impossibile. C’è difficoltà ad assumere e questo rende molti ragazzi scettici così in tanti dicono “non si trova lavoro”, è qui che la politica deve aiutare e sostenere, dando occasioni per mettersi in gioco». «Sono perfettamente d’accordo con Giovanni – evidenzia Beatrice –. Effettivamente i giovani sentono questa politica lontana. In realtà però è qualcosa che ci interessa, si parla del nostro futuro, quello che vorremo per noi, quello che vorremmo ci fosse offerto. Non so bene cosa vogliono i giovani. So però che purtroppo in Italia i giovani non sono la priorità per il mondo politico, basta pensare alla scuola: i fondi stanno progressivamente diminuendo, in Europa siamo al terzultimo posto. Così si va a minare il nostro futuro perché senza una giusta preparazione risulta difficile entrare nella società e anche interessarsi al contesto politico. E poi il tema del lavoro. Non chiediamo molto, solo un po’ di attenzione».

Di non essere la priorità per la politica è anche la sensazione di Marta che aggiunge: «Nel mio caso la questione lavoro è un po’ più semplice, ho infatti intenzione di impegnarmi per il futuro dell’azienda di famiglia, ma è la preoccupazione che assilla tutti. Ciò detto a dover essere riformata – e non a suon di tagli – è la scuola che ci deve preparare di più e meglio per essere competitivi in un mondo in continuo cambiamento». E sulla scuola punta anche Galimi: «Vorrei che ci fosse un impegno serio per l’università. La proposta di Grasso, di abolire le tasse, è quella che può interesse ai giovani, ma come per la proposta di abolizione della legge Fornero – che riguarda l’esatto opposto della società, dal punto di vista generazionale – bisogna poi capire se è sostenibile economicamente. Se avessi la bacchetta magica vorrei che si creassero dei percorsi dopo la scuola, di inserimento lavorativo. Ci sono tantissimi ragazzi brillanti, che non ce la fanno, vuoi perché non hanno le disponibilità o per difficoltà. Non a caso moltissimi giovani vanno a lavorare all’estero, perdiamo così i migliori talenti del nostro Paese. Certo, in questi giorni di campagna elettorale sono numerosi i politici che ripetono che bisogna far rientrare i nostri giovani espatriati, ma voglio vedere una progettualità concreta. Spero di non arrivare a 50 anni e sentire ancora che non si sono trovate soluzioni efficaci».
L’ultima parola la lasciamo a Beatrice: «Non è vero, come sento ripetere da più parti, che non c’è speranza per questo Paese, anche attraverso questo voto possiamo far sentire la nostra voce e costruire insieme la nazione che immaginiamo».

Qui il pdf dello speciale pubblicato su «La Vita Cattolica» del 7 febbraio 2018.

La foto in testa alla pagina è tratta da T-Mag (qui).

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